TIGHT! Ovvero: Doctor Soul incontra Jimmy Smith!

Milano, 20-25 maggio 2003: al lussuoso e vellutato club "Blue Note" (per quanto durerà un posto simile?) di Milano sbarca un COLOSSO della STORIA della MUSICA: Jimmy Smith. Per il sottoscritto è una occasione imperdibile, pur temendo qualche delusione vista l'età avanzata del mitico organista; districandomi in una agenda personale fitta di impegni, scelgo il secondo spettacolo di giovedì 22 maggio, sperando che Jimmy sia capace di emozionare anche a tarda notte (inizio 23:30).

La band è di altissimo cabotaggio, e in 75 minuti di show snocciola una serie molto varia di pezzi, godibili anche per non iniziati del jazz; il MESSIA DELL'HAMMOND è esitante mentre cammina verso il fidato strumento, ma l'artrite non gli impedisce di offrire accattivanti grooves con la sua gloriosa mano destra, e non disdegnando battutine al microfono di fronte ad un competente ed appassionato pubblico.

Il DESTINO ha voluto che il tavolo a cui mi aveva gentilmente diretto il maitre del locale fosse a pochi CENTIMETRI dal punto di passaggio della band in direzione palco, con ottima visuale sullo stesso ma soprattutto (e qui inizia la parte per me indimenticabile) ottimale per intercettare il signor Smith a fine spettacolo: una opportunità imperdibile per stringere quella mano destra che ammiro come poche altre cose al mondo.

...E l'incontro avviene! Dopo qualche secondo di hand-shaking, ritraggo diligentemente la mano ma... lui me lo impedisce! La stretta è energica, io esito ma lui mi guarda negli occhi e mi intima "Tight!" ("stretto!", per i più digiuni d'inglese), sfidandomi ad usare più energia; io gli rispondo "Tighter?" ("più stretto?"), cercando di fargli capire che non ho la minima intenzione di diventare "colui che con una stretta di mano poco riverente ha concluso la carriera di terza età del più grande Hammondista di tutti i tempi", e lui per tutta risposta mi strizza l'arto con inattesa energia! Gli dico "You're too strong for me!" ("sei troppo forte per me!") e lui sorridendo molla la presa, quindi simula una svisatura organistica con la sua preziosa mano che ha appena rilasciato la mia, e io aggiungo "...even in playing!" ("anche nel suonare!") al mio concetto precedentemente espresso.

Lui saluta e si avvia lentamente sulla scala che porta ai camerini, mentre io guardo la mia mano in cui ora scorre la FORZA (in senso biblico o alla Star Wars, se preferite).

Ho deciso che il mio arto benedetto sarà da oggi utilizzato per sedare taumaturgicamente il dolore dei fans della buona musica, attanagliati da incessanti bombardamenti di musica commerciale e sfighe di ogni genere.

PS: a dire il vero, mi basterebbe aver ricevuto in dono un pizzico del suo talento, per poterlo travasare su una tastiera.

PPS: il giorno dopo, forse anche a causa della stanchezza (alla sua età ritengo sia dura reggere il peso di due show al giorno per una settimana di fila) il mito avrà una serata storta: secondo quanto raccontatomi da testimoni (tra cui Mike Painter), si arrabbierà per qualche fotografo abusivo di troppo e si comporterà in modo tutt'altro che gentile, condizionando anche la sua esibizione. Questo rende l'evento da me vissuto ancora più prezioso!

PPPS: Jimmy se n'è andato martedì 8 febbraio 2005. Al solo pensiero dell'episodio sopra raccontato gli occhi mi diventano lucidi e la pelle mi viene attraversata da un tenero brivido. Immagino che lassù abbia trovato il suo gatto ad attenderlo, accovacciato sul mobile dell'Hammond "G.O.D.3" (un modello esclusivo che non esiterei a definire divino) mentre si prende un po' d'aria dalle trombe rotanti dell'altoparlante Leslie modello "St. James" ad esso collegato.